
a.s. 2022/23

Di solito volumi come questi, costruiti come centoni di citazioni, possono risultare specchietti per le allodole. Ma ero sicura che la Libreria Editrice Vaticana, che gestisce i diritti con l'editore, non avrebbe potuto abbassarsi fino a quel punto, e così ho comprato il volume senza averlo neppure sfogliato. Non me ne sono pentita e posso consigliare queste pagine a tutti: credenti, dubbiosi, agnostici, giovani, maturi e anziani... E' ovviamente un'opera intesa a essere un best seller, dove non troverete dotte citazioni teologiche bensì richiami letterari e cinematografici (e la circostanza mi è utile oltre che gradita). Cito solo due dei quindici passi che Papa Bergoglio ha voluto indicare come suggerimenti per la ricerca della felicità, che lui ovviamente pone nella ricerca di Dio; tuttavia, come dicevo, ognuno può anche prendere ciò che ritiene meglio per sé:
1. Leggi dentro di te. La nostra vita è il libro più prezioso che ci è stato consegnato, e proprio in quel libro si trova quello che si cerca inutilmente per altre vie. Sant'Agostino lo aveva compreso: "Rientra in te stesso. Nell'uomo interiore abita la verità". È l'invito che voglio fare a tutti, e che faccio anche a me. Leggi la tua vita. Leggiti dentro, come è stato il tuo percorso. Con serenità. Rientra in te stesso (....) 7. Impara a leggere la tristezza. Nel nostro tempo è considerata solo un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme, che ci invita a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l'evasione non consentono. A volte la tristezza lavora come un semaforo, ci dice: è rosso, fermati! Accoglila, sarebbe molto più grave non avvertire questo sentimento.
E' l'esortazione «conosci te stesso», massima religiosa greco-antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi che Socrate citava e che è diventata il filo rosso di tanta ricerca filosofica e non solo (come il riferimento a Sant'Agostino testimonia). Ma è anche, e chiedo scusa se mi permetto, il richiamo a non fare della tristezza una patologia sempre e comunque, come oggi tutti "i consulenti del benessere" vogliono imporre (anche a scuola...). Eppure solo se ci manca qualcosa possiamo desiderare, e solo desiderando ci sentiamo vivi. Spesso vedo i ragazzi sbuffare: ma prof., che ppalle (rigorosamente in raddoppiamento fonosintattico), 'sto poeta (scrittore, artista, intellettuale, ecc. ecc.) sempre cose tristi diceva! Perché non facciamo qualcos'altro? Bravi, dico io, così ci diciamo tutti una bella bugia, ovvero che la vita è facile, spensierata e godereccia.
E invece la vita è complicata, faticosa e a tratti persino difficile. Proprio per questo è maledettamente bella, non siete d'accordo? Papa Francesco non vuole insegnare nulla con questo libro, ma solo ricordare ciò che abbiamo davanti agli occhi e non sappiamo cogliere.

Nel solo scorrere la lista dei libri scritti dall’ex giornalista della Rai si viene colti da una lieve vertigine mista a invidia: ma come avrà potuto pubblicare così tanto su di un Paese e la sua espositissima famiglia reale senza mai cadere nel già visto, già letto, già saputo?
Con tutto ciò, il libro non entrerà nelle antologie e presumibilmente sarà uno di quei titoli che invecchiano in fretta nelle biblioteche dove si svolge correttamente lo svecchiamento del catalogo. Ma ciò non toglie che sia un’opera di intrattenimento di buona qualità.
Per il mio gusto personale, c’è abbastanza chiacchiericcio senza mai scadere nel tono greve e nello stile sciatto. Direi, sostanzialmente, ottimo per l’ombrellone prima della partita a scopone scientifico.

Invece di noiosi corsi con improbabili riferimenti alla "didattica attiva" (da quando la didattica è passiva?), "student-centered learning" (provate a pianificarlo teacherless), "didattica personalizzata" (con 22 alunni, figuratevi), ecc. ecc. ecc., ecco un testo che ridona entusiasmo al docente sconfortato dalle troppe incombenze amministrative, e che, soprattutto, spazza via quella foschia che si è addensata sui programmi ministeriali sempre più lontani dalla realtà effettiva delle aule scolastiche.
Chiaro, interessante, utile, a tratti sfidante quel tanto per invogliare il lettore a mettere in pratica quanto si è letto (come è successo a me).
Un grande esperto di italianistica e un grande divulgatore, senza alcuna retorica o ridondanza: come i docenti migliori. E il prof. Patota è tra i grandi accademici.

Quando mio marito ha visto il volume, ha tenuto ad informarmi che si trattava di un romanzo brutto. Nelle prime quaranta pagine non potevo che dargli ragione, e mi maledicevo per aver scelto questo titolo solo in base alla quarta di copertina.
Nella parte centrale, tuttavia, il romanzo si intesse di frasi e riflessioni sull’invecchiamento e il mistero della morte che ho trovato sorprendentemente consentanee al mio sentire, e quindi l’ho terminato e messo tra i volumi da conservare.
Ma se cercate una trama ben congegnata e avvincente, allora lasciate perdere.
Non so perchè, ma c’è qualcosa, nella narrativa italiana contemporanea, che talvolta non mi convince, nonostante i riconoscimenti ottenuti dall’autore. Questo è uno di quei casi, e per quale ragione non l’ho ancora del tutto capito: forse per la vicenda, fin troppo evidente; forse per l’ambientazione, che nell’indefinitezza resta sospesa in un antico perpetuo; non certo per lo stile, perchè la scrittura è ben curata.
Sta di fatto che il romanzo non mi è piaciuto.
Eppure, in un’epoca come la nostra, dove la corsa tecnologica non sempre si sposa con la necessaria lentezza della riflessione e il furore ideologico sembra sciacquar via ogni tentativo di dialogo, il libro merita di restare per la sua sincera forza testimoniale di una cultura che, nel non detto o nella brevissima allusione, sapeva parlare al cuore e alla mente più di tanti proclami.


Un romanzo ben ideato e costruito bene, così da chiamare il lettore a non fermarsi fino all'ultima pagina. Altrettanto ben tradotto, questo libro s'incentra sulla giovinezza del poeta Novalis e lo fa con un'ottima ricostruzione degli ambienti e dell'epoca, senza mai cadere nel ridicolo o nell'affettato.

Mi chiedevo se fosse il caso di destinare questo romanzo ai miei alunni di prima superiore, ma nel leggerlo ho avvertito un non so che di scaduto: una vicenda, editoriale e non, sicuramente affascinante quando uscì, ma oggi destinata a confondersi con altri contributi. Narrativa che invecchia presto e non diventa un classico: peccato, perché forse il libro avrebbe bisogno solo di un restyling. Toglierei le digressioni fisico-matematiche, o per lo meno le diminuirei di molto, per lasciare al lettore la capacità di comprendere meglio come agisce la mente di un ragazzo come il protagonista della storia. E questo, a mio parere, sarebbe la chiave vincente del romanzo.

I
Che dire? Uno dei romanzi più profetici che abbia mai letto. Impossibile non considerarlo compagno di viaggio, ad ogni età e per ogni persona.
Leggendo il romanzo ho provato a pensare che ho imparato più di Schopenhauer da questo libro che dallo studio della filosofia al liceo. Tuttavia mi chiedo se la soluzione di mixare fiction e contenuti di storia della filosofia possa essere presa in considerazione per un possibile pubblico adolescente. La risposta non può essere del tutto certa, e quindi, alla fine, mi astengo da ogni altra considerazione al riguardo. Di sicuro il libro è divertente, anche se, alla fine, un po' scontato.


Libro preso sulla parola di una autrice di testi scolastici che ne ha consigliato la lettura durante un webinar. Avrei dovuto trovare una madre anaffettiva, la bruttezza come condanna all'isolamento, l'arte come modo di espressione di se stessi, in parallelo a Leopardi. Elementi che ho ritrovato solo in parte, e per di più tanto lontani da Leopardi da non farmi per niente ricordare il motivo per cui questo romanzo era stato segnalato.
Posso dire che non lo farò leggere ai ragazzi?

Ci mancava la malattia, di nuovo, esplosa dopo una serie di scoppi che guardavo con il desiderio che si allontanassero. E invece sono ancora costretta a casa e al riposo assoluto, almeno per un po'. Beh, e allora che si fa? Si legge! E questa volta qualcosa che non merita troppa attenzione: un polpettone degno del primo posto in classifica, pesante quanto le lasagne della domenica, evanescente come le bollicine della gazzosa d'estate.
Domanda: ma se una autobiografia è così voluminosa a meno di quarant'anni, che succederà quando Harry ne avrà settanta?
E ancora: ma tutto quell'alcol e quelle canne, non gli fanno male? Gli invidio cotanta prestanza fisica.

In tutta sincerità, se non avessi dovuto fare esercizio di francese non l'avrei letto. Nulla da opporre ai ricordi della scrittrice, ma la vicenda è descritta in modo greve, e il citato senso di colpa che la Ernaux avrebbe maturato nel costruire la sua carriera di insegnante e intellettuale viene cancellato dal tono che non è: non è affettuoso, non è commemorativo, non è rancoroso, non è indifferente.

Da alcuni anni leggo le liriche di questa poetessa riconosciuta solo post mortem e che anch'io, prima che la Fama e la Moda se ne impossessassero, ho scoperto per caso, leggendo dapprima le sue lettere struggenti e poi, a poco a poco, imparando ad apprezzarne le poesie.
Sì, inutile che vi giri intorno: non credo per nulla all'immediatezza e alla freschezza che vengono invocate quando si tratta dei suoi versi. Sono impressioni fuorvianti, proprio come in altri poeti (Pascoli su tutti). La profondità di queste liriche è pari al carico emotivo che portano con sé, per nulla leggero sebbene cantato nel desiderio di cose leggere, spesso rispecchiato nel cielo delle montagne che allontanavano la grevità della pianura cittadina, quella stessa dove Antonia andò incontro al suo destino senza volerlo sfuggire. Raramente cito i curatori e le introduzioni, ma questa volta non posso farne a meno. Ringrazio dunque Elisa Ruotolo e la sua splendida prefazione che in sole quattro pagine illustra splendidamente tutte le coordinate di Antonia Pozzi: Antonia fu una creatura sola e dimenticata, lei che tanto avrebbe voluto essere (r)accolta come scrive spesso (...) e lo stesso destino toccò alle sue parole (...) Che non fosse la lieve creautura capace di piegarsi al compromesso, Antonia lo ha dimostrato in parole e gesti: basterà ogni volta accostarsi ai suoi versi per sentirli debordare vita e tutta l'ansia di abitare una gioia negata (...) La poesia era la nudità emotiva che la figlia dell'avvocato Pozzi e della contessa Cavagna non poteva permettersi se non di nascosto. Eppure (...) le bastava nominare il cielo, la luce, le montagne perché l'infinito entrasse nelle sue parole rendendole universali. (...) Leggere questi versi significherà misurarsi con un cuore che ha teso la mano per trarla a sè vuota. Sempre vuota. Eppure (...) sono convinta che Antonia amasse disperatamente la vita e sentisse il fuoco attraversarla come riesce solo chi è ferito. (...) Da lei ho imparato che si può perdere definitivamente solo ciò che veramente si ama, mentre si torna e si rimedia sempre a quello che ci è caro con ragionevolezza. Antonia scelse di essere irragionevole. (Elisa Ruotolo).
Il più bel regalo che ho ricevuto questo Natale, e non per nulla è stato scelto da mio marito.

E come potevo non leggere quel libro che, a detta della stessa autrice, è il libro dell'amore tra lei ed Emilio Lussu?
Ma se cercate pose romantiche e baci appassionati non li troverete. Sarete condotti a raffigurarli: e questo è già il potere della buona letteratura, come quest'autobiografia che ripropone la prima edizione del 1945, quella più fresca ed immediata rispetto all'edizione rivista successivamente.
Un libro di avventura e di avventure, che vi farà sentire come sull'ottovolante. In più, l'onestà intellettuale di una donna che ha degli ideali e che non li vuole svendere, sapendo bene che l'esistenza è fatta non per difendersi ma per viverla appieno.
Come scriveva Seneca (Ad Lucilium epistoles morales, CIV, 26), è difficile ciò che non si osa. Joyce non ha fatto altro che osare, e non per sfida, come oggi sembra maledettamente di moda, ma per l'onestà dell'intelletto e la coerenza delle idee.
Avvincente dalla prima all'ultima parola.
Dato che quest'anno mi occupo ancora, e per ben in due classi, della Grecia antica, sono incappata in questa edizione appena pubblicata. Così ho pensato, leggendo la quarta di copertina e sfogliando il volumetto all'impronta, che potesse essere l'occasione per trattare un argomento ancora oggetto di pruderie con il sostegno di una buona introduzione accademica non eccessivamente lunga, e di testi che si snodavano fino al XX secolo.
Idea mal partorita: ho avuto come l'impressione che il prof. Pontani avesse bisogno di una dispensa per le sue lezioni, con i testi da affrontare in aula, e che la Garzanti si fosse resa disponibile per l'impresa.
Meglio l'introduzione rispetto ai testi, ed è tutto dire.


C'è voluta l'ennesima pausa forzata per consentirmi di leggere ciò che volevo e non ciò che dovevo. E mi sono imbattuta in questa biografia: talvolta ridondante per il lettore che, come me, non voleva uno studio ma una lettura di piacere; ma del resto è pubblicata per Laterza. che mi dovevo aspettare? Una Un'opera comunque trascinante nel suo comporre l'immagine di una donna eccezionale. Eccezionale per la cultura che la nutriva, e che lei continuamente cercava, nella consapevolezza che conoscere è vivere, ma anche che la cultura accademica nulla rappresenta se non si trasforma in azione, in lacrime e sangue (le marce forzate, i piedi sanguinanti!), in rischio, in progetto, in spirito critico, in sguardo per il futuro, in amore appassionato.
Bella e affascinante Joyce, a chi hai passato il testimone? Dove se ne trovano altre come te? I modelli di oggi sono lontani dal tuo essere donna traboccante di sentimenti ed ideali. Il tuo viaggiare, il tuo scrivere, il tuo voler disfare le convenzioni senza disprezzarle quando potevano salvare delle vite (spacciarsi per una imprenditrice richiede modi e vestiti consentanei), il tuo essere madre consapevole e sofferta, il tuo coraggio, la tua elegante ostinazione, le tue scelte mai banali, .. una lezione di vita che tutte le ragazze dovrebbero conoscere.

Le antologie scolastiche piacciono ai docenti, perché riescono sempre a trovare qualche nuova suggestione letteraria, autori sconosciuti che diventano livres de chevet, pause di fantasia tra un'ora buca e l'altra.
Il racconto di Bolano che dà il titolo alla raccolta l'ho fatto leggere in classe, e io l'ho trovato eccezionale per la costruzione narrativa e il significato sotteso, delicatamente e disperatamente dispiegato sopra l'abisso della solitudine e dell'incomunicabilità tra esseri umani.
Così ho acquistato il libro, pronta a immergermi in quelle acque fredde ma suggestive.
Per qualche racconto il filo dell'interesse si è tenuto, ma via via si è sfaldato nella ripetitività di certi canoni stilistici (il finale aperto e laterale, primo) e di contenuto (i contesti e i personaggi descritti sono sempre, e troppo, al limite: come se esistesse solo il disagio urlato).
In conclusione: da leggere, ma a sorsi piccoli e scelti

Letto in lingua originale è ancora più bello, perché tradisce il suo essere non un libro addomesticato per bambini, ma un apologo destinato innanzitutto agli adulti.
Le circostanze spesso lasciano credere ciò che corrisponde alla verità che giace al fondo (U.Saba): l'importante è quindi andare oltre l'apparenza.
La fede all'impegno assunto può salvare non solo un altro, ma noi stessi.
La felicità non si ritrova nelle eleganti stanze del tutto-e-subito, ma nel sapersi assumere il rischio di qualche bruciatura.